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DONNA: E SE IL NEMICO PORTASSE LA GONNA?
Il 7 Marzo non è il giorno della donna. Il 9 Marzo nemmeno. Nè lo sono il 12 Aprile, il 3 di Settembre o il 30 di Dicembre. L’ 8 Marzo sì, l’8 Marzo è il giorno della donna. E questo già è un grosso problema. Il fatto che serva una giornata particolare per festeggiare – o commemorare – qualunque cosa, indica chiaramente che quella cosa è così particolare da meritarselo. Nel nostro calendario infatti non c’è il “giorno del dentista”, nè il “giorno del metalmeccanico”, e neppure “il giorno del tifoso”, poichè dentisti, metalmeccanici e tifosi – come mille altre cose di quel genere – fanno parte della nostra normale vita quotidiana.

Ma una donna evidentemente no. Una donna-in-quanto-tale è un caso anomalo, imprevisto, e certamente imprevedibile, specialmente da quando si è messa in testa, all’inizio del secolo scorso, di “diventare” come gli uomini.

A quel tempo la cosa più naturale ci parve quella di inventare per loro...

... una bella giornata tutta particolare. Così intanto – pensammo - si sfogano un pò, se la raccontano, si scambiano le loro belle mimosine, e per un pò non rompono più i coglioni. (Chi parla è la “società maschile”, la quale comprende – sia ben chiaro - anche molte donne, e non necessariamente tutti gli uomini).

Ma questo espediente, fu presto chiaro, non era sufficiente. Sì, le calmava per un pò, ma dopo un mese o due erano già lì a scassare di nuovo che volevano votare, essere trattate alla pari sul lavoro, avere dei soldi in caso di separazione, eccetera eccetera...

Ma tutto questo non fu niente, rispetto alla vampata devastante che ci investì negli anni settanta. Lì addirittura si misero in testa di ottenere in tutti i settori sociali un pari numero di presenze: volevano infilare dappertutto giudichesse, tramvieresse, ministresse.... ma non lo vedete, santo Dio, che non ci sono nemmeno i femminili adatti, nella lingua italiana? Se la lingua non li prevede, ci sarà ben un motivo, no?

E invece niente, quelle sono scese in strada come una mandria di bufali impazziti, e prima che ci si rendesse conto di quello che stava succedendo si erano già portate a casa divorzio, aborto, diritto di famiglia, leggi contro la violenza sessuale e altri ammennicoli di questo tipo.

A quel punto però – eravamo sul finire degli anni ’70 - ci siamo organizzati seriamente: per prima cosa, come da manuale, le abbiamo infiltrate. Come? Ma grazie alle compagne di partito, che domande! Cosa c’era di meno sospettabile di altre donne come loro, che gridano le stesse identiche cose, ma che in più “sanno parlare” come interessa a noi, e soprattutto sanno tacere quando è il momento di farlo?

La tecnica è quella di convolgere le ignare in problemi del tutto secondari (ieri la pornografia, oggi l’infibulazione, domani magari il significato astratto della parola “femmina”), in modo da incanalare le energie pericolose verso obbiettivi vistosi ma in realtà ininfluenti. Esattamente come si fa con le mandrie di tifosi, la domenica, mandandoli tutti a scannarsi allo stadio.

Nonostante queste tecniche, ci è voluto un bel pò per irreggimentarle tutte, perchè all’inizio quelle più sveglie facevano una gran resistenza a farsi distrarre dai veri obbiettivi del movimento. Alla fine però, soprattutto grazie allo specchietto per allodole di “entrare nella politica vera”, il gioco ha funzionato. [Vedi manifesto di "Emily" - Ndr]. Ed infatti nel 1982 un congresso eccezionale decretò lo scioglimento ufficiale della più importante organizzazione femminile che si fosse mai creata in Italia: l’UDI, Unione Donne Italiane. Pensate, avevano consultori da tutte le parti, banchetti da tutte le parti, idee e forze nuove da tutte le parti.... eppure, convinte di non avere più un obbiettivo specifico da raggiungere, si sono sciolte da sole!

Noi ovviamente l’U.D.I. l’abbiamo subito riaperta, "per dare comunque un luogo di ritrovo a tutte", e così molte di loro non si sono nemmeno accorte del cambio di mano.

E così, piano piano, si sono calmate. Appagate con le loro belle riviste di settore, i traguardi raggiunti bene in vista, le gole stanche di urlare vecchi slogan, si sono rimesse di buona lena a spignattare, e noi gli abbiamo subito suggerito, tramite i media del sistema, che facevano benissimo perchè in quel modo “ritrovavano la loro piena identità femminile”.

Sembrava fatta. Per un bel dieci, quindici anni almeno siamo tornati a vivere in santa pace.

Ma in ultimo sembra che qualcuna abbia cominciato ad accorgersi della fregatura, ed alcune hanno già ripreso a rompere le scatole col pari numero di qui, e la pari dignità di là, ancora più forte di prima.

E pensare che qualche anno fa, alle prime avvisaglie di risveglio, gli avevamo pure creato un ministero apposito: si chiamava il “Ministero della Pari Opportunità”. Più di così! Sembrava la chiave di volta, in effetti; un ministero tutto per loro! Ma molte, invece di tranquillizzarsi una volta per tutte, si sentirono solo più ingombranti di prima. “Se ci fanno un ministero tutto per noi - iniziarono a pensare – vorrà dire che abbiamo un problema davvero grosso.” E così giù ad affliggersi, a domandarsi, a tormentarsi e a tormentare gli altri ancor di più.

Insomma, non se ne esce: se le ignori, ti sfiniscono. Se le accontenti, pensano subito di avere un problema, e si lamentano ancora di più.

Ma poi, scusate, perchè mai, pari numero in tutto? E così che si realizza l’eguaglianza effettiva, completa e sostanziale fra due categorie qualunque? Con una semplice equazione da terza elementare, tipo 257 = 257?

Se su una nave ci sono sette pinguini e sette marinai, vuol dire automaticamente che marinai e pinguini “valgono” lo stesso? Lascia tu un pinguino a fare il turno di notte, da solo nella sala comandi, durante una tempesta tropicale, e vedrai che al mattino ti risvegli come minimo a casa sua, giù in Antartide. Ma a quel punto – aspetta prima di sorridere, marinaio – voglio vedere te, buttarti in mare prima che la nave affondi, e sguazzare allegro fino a riva con l’acqua a quattro sottozero. Se non c’è il buon pinguino a darti un passaggio, vai giù dritto come se ti si fosse impigliata l’ancora nelle palle, altro che storie.

E allora, chi era “migliore”? Tu o il pinguino?

Ogni essere vivente ha le sue caratteristiche, e la somma di quelle di ciascuno non è in nessun modo paragonabile alla somma di quelle di un altro. Il concetto di “superiore” esiste solo nelle menti inferiori, quelle maschili nel nostro caso. Quello che però non dovrebbe esistere è il concetto di “inferiore” in menti superiori, come quelle femminili.

Forse è questo il vero problema.

Non sarà per caso colpa delle donne stesse, se si ritrovano oggi a dover ripassare dal via? Non è che hanno sbagliato completamente strategia, nel pretendere a tutti i costi quella parità numerica, grossolana ed esteriore, che la nostra società non è comunque in grado di accomodare? (Se ci fate caso, prima che una donna entri in un consiglio di amministrazione, deve diventare più “uomo” di qualunque uomo che vi abbia mai fatto parte. Ma allora, scusate, a cosa serve? Volere a tutti i costi delle donne in parlamento, per poi ritrovarsi la Moratti...)

E non sarà inoltre che ogni volta, lottando per tale parità numerica, hanno solo contribuito a far apparire la loro oggettiva diversità come presunta inferiorità? Più si grida per reclamare i diritti di una categoria specifica, più si scava il fosso che separa quella categoria dai cosiddetti “normali”.

Non era forse meglio lottare sin dall’inizio per il principio stesso di uguaglianza universale, valido fra tutti gli esseri umani, indistintamente da sesso razza o religione – dal quale principio sarebbe comunque scaturito tutto ciò che chiedevano - invece di mettersi a contare quante donne ci sono in quest'ufficio, quante in quel consiglio, e quante ancora in quella squadra di hockey su prato?

Chiedo scusa, mi correggo: invece di lasciarsi trascinare a contare – dalle astute compagne, devote serventi dei loro capi “progressisti” – in nome di quella parità numerica che solo esteriormente appaga quel desiderio di rispetto che affligge la donna sin dai tempi della Bibbia.

Un antica profezia HOPI dice: “Quando l’uomo avrà esaurito tutte le sue forze, quando avrà devastato tutto quello che c’è da devastare, quando avrà finito di massacrarsi l’uno con l’altro, sarà la donna col bambino in braccio ad alzarsi e a mostrare la strada per l’intera umanità”.

E io mi permetto di aggiungere, in profondissima umiltà, che l’unico modo per farlo sarà quello di diventare pienamente consapevole della propria natura e della propria essenza. Di quella vera, però, quella eterna ed universale che si riassume e si rispecchia nell’immagine mitologica della Terra, della Creazione e della capacità di trasformare la materia grezza in vita pulsante. Non quella delle cucine Salvarani. (*)

E a quel punto la donna della sua presunta “inferiorità” non potrà che farsi una grassissima risata.
Ecrit par Massimo Mazzucco, le Monday 15 March 2004, 10:53 dans la rubrique "Premiers Pas".